THE SWORD OF DAMOCLES: La storia del primo “display montato sulla testa” inventato nel 1968
Nel panorama odierno della realtà virtuale, ricco di visori immersivi e mondi digitali mozzafiato, è facile dimenticare le umili origini di questa tecnologia. Tra i pionieri che hanno dato vita alla VR, spicca il nome di Ivan Sutherland, un informatico visionario che nel 1968 ha realizzato uno dei primi dispositivi VR/AR davvero funzionanti: “The Sword of Damocles” (la Spada di Damocle).
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The Sword of Damocles, il “visore” di Sutherland
Quando Sutherland si trasferì nel Università dello Utah alla fine degli anni ’60 del secolo scorso, iniziò a lavorare a un sistema HMD (Head-mounted display, ovvero il classico visore con un monitor indossato sulla testa). Alla fine del decennio, era operativo il primo sistema HMD integrato perfettamente funzionante. Sutherland si avvalse dell’aiuto dei suoi studenti Bob Sproull, Quintin Foster e Danny Cohen, e creò il “The Sword of Damocles” che era un sistema rudimentale rispetto agli standard odierni, ma rappresentava un passo fondamentale nell’evoluzione della VR.
Il dispositivo era costituito da un visore stereoscopico collegato a un braccio meccanico sospeso attaccato al soffitto del laboratorio in parte a causa del suo peso, e principalmente per tenere traccia dei movimenti della testa tramite i collegamenti. Questo meccanismo gli ha dato il soprannome “The Sword of Damocles” dallo stesso Sutherland per via della sua imponenza. In realtà “il display montato sulla testa”, che è forse il primo uso registrato del termine “HMD”, si chiamava “Apparato di televisione stereoscopica per uso individuale”.
Per capire le difficoltà di utilizzo, una volta un utente dovette fissare saldamente la testa nel dispositivo per eseguire gli esperimenti durante l’uso. Gli utenti potevano visualizzare ambienti virtuali semplici, come stanze wireframe proiettati su un display stereoscopico. Sebbene la grafica fosse rudimentale e l’interazione limitata, la sensazione di immersione era tangibile. La prima applicazione di visualizzazione era un cubo sospeso nell’aria di fronte all’utente.
I visori prima della “The Sword of Damocles”
Mentre “The Sword of Damocles” è considerata il primo sistema VR funzionante, è importante riconoscere il lavoro pionieristico di altri ricercatori che lo hanno preceduto. Ad esempio, già nel 1960, Morton Heilig aveva realizzato il “Telesphere Mask”, un autentico visore per guardare film indossando degli occhiali speciali. Il suo visore, però, non ha mai davvero visto la luce essendosi fermato al brevetto e al prototipo. Il “Sensorama” dello stesso Heilig, invece, dava un senso di immersività, ma non era un visore, anche se ha anticipato alcuni concetti chiave della realtà virtuale.
Per quanto riguarda i visori, invece, un altro lavoro importante fu quello della Philco Corporation nel 1961 che aveva creato un visore montato sulla testa e un tracciamento magnetico per monitorare i movimenti della testa dell’utente, visualizzando video in tempo reale da una telecamera montata a distanza. In pratica la telecamera si spostava in base agli spostamenti della testa dell’utente con il visore. Questo sistema rappresentava un primo passo verso la telepresenza virtuale.
Poi è stato il tempo della Bell Helicopter company di Fort Worth, Texas, che nel 1963 sperimentò un sistema di visione notturna controllato dal pilota. Era un sistema simile a quello della Philco: sotto l’elicottero era stata montata una telecamera a infrarossi che inviava immagini a un visore indossato dal pilota che poteva muoverla semplicemente muovendo la testa.
La novità di Sutherland e della “The Sword of Damocle”
Quindi c’erano già i visori? Più o meno, perché in realtà erano dei visori collegati a telecamere. La vera innovazione di Sutherland risiedeva nella sua intuizione che un computer potesse generare immagini virtuali in tempo reale, eliminando la necessità di una telecamera. L’utente che indossava il visore non vedeva immagini da una telecamera, ma immagini generate da un computer. Un’idea rivoluzionaria ha permesso di superare i limiti dei sistemi precedenti, aprendo la strada a mondi virtuali illimitati tipici della realtà virtuale.
E anche per l’AR perché un altro aspetto innovativo della “The Sword of Damocles” era la sua parziale trasparenza che permetteva agli utenti di non essere completamente isolati dall’ambiente reale. In pratica una sorta dell’attuale pass-through o della realtà aumentata.
Ecco il visore di Sutherland all’opera:
Foto: Researchgate
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